HOME PRESENTAZIONE PROGETTI CONTATTI INGLESE

Testo dello storico dell'arte e criticoGianluca Tedaldi

2003
Il versante astratto dell'arte di ispirazione naturalista ha il difficile compito di trattare della più spontanea fra le esperienze - quella, appunto, del contatto con la Natura - usando un modo espressivo che non sia "verista" nel senso che non si serva dell'effetto di somiglianza esteriore con le cose rappresentate ma vada a cercare una più profonda ragione, possibilmente anche carica di contenuto affettivo. Si potrebbe usare, per Michela Lenzi, il termine mimetico, che, alla traduzione dal greco in italiano suonerebbe sempre "imitazione" ma, in questo caso, viene adoperato per significare che l'artista ha operato analogamente alla natura, non solo preoccupandosi di catturare le somiglianze epidermiche. Che significa, però, fare pittura allo stesso modo in cui la Natura fa il suo lavoro che è quello di creare e modificare? Anzitutto senza avere a pretesa di separare il ragionamento dall'emozione, il progetto dallo slancio creativo, il colore dalla forma. La natura procede per passi che sono sempre vitali e che sempre posseggono una loro bellezza intrinseca e anche quando si evolvono ciò che è venuto prima conserva la sua unicità. Lavorare con i colori come la natura fa con la linfa e le carne vuol dire amare momento per momento la materia che si usa e anche lo spazio in cui la propria creatura viene ad inserirsi. Michela Lenzi ha studiato con Enzo Brunori che l'ha iniziata al gusto dell'infinita ricchezza del reale in un modo in fondo semplice, suggerendole di partire da un particolare di qualche immagine che, a grandezza naturale appare come un soggetto facilmente riconoscibile, per trovare - in quel dettaglio staccato dal tutto - le qualità della pittura astratta, concentrandosi sui valori tonali e di segno senza preoccupazioni illustrative. Da questo punto di partenza, l'artista ha poi proseguito il corso della sua ricerca aprendosi anche all'uso di materiali nuovi o al coinvolgimento delle strutture ambientali. Una sensibilità così spiccata per le promesse e l'intima attitudine di forme e strumenti è forse appannaggio più specifico della sensibilità femminile che riesce a tenere nel giusto equilibrio il ruolo del progetto rispetto a quello che della voce quasi impercettibile di tutte le cose si rivolge all'artista come ad un'entità sorella che ha il dono della voce per esprimere l'animo del mondo.

Testo dello storico dell'arte e critico Gianluca Tedaldi

2005
La pittrice che imita la natura - non perchè la copia ma perchè agisce in sintonia con la natura stessa - intreccia una relazione con le cose che rappresenta e si specchia nelle immagini che ha creato un po’ come Narciso alla fonte, restando incerta se imprimere il proprio slancio alle cose o farsi da esse plasmare nell’intimo.
Nelle opere recenti si assiste ad un progressivo addensamento della macchia cromatica che acquista margini più netti e sembra che la relativa incertezza della visione del naturale (che si attaglia al linguaggio impressionista) si vada sostituendo una immagine più mentale, una sintesi dell’impressione che si trasforma in sensazione, secondo un processo anch’esso molto spontaneo, simile a quello che caratterizza l’apprendimento nella fase evolutiva della nostra crescita.
Un dato importante per verificare la naturalezza dell’ispirazione di Michela Lenzi è forse proprio contenuto di questo cambiare del linguaggio perchè solo ciò che si trasforma può dirsi vivente.
Per quanto riguarda i colori, invece, in continuità rispetto al suo percorso originario, la pittrice accosta tinte di intensa qualità, cosa che la sua scelta stilistica (sul crinale tra figurazione ed astrattismo) le consente di fare senza vincoli od inibizioni che in genere derivano dallo scrupolo veristico. Tradotto in termini sentimentali, il cuore è verace come un gesto spontaneo.

Testo dello storico dell'arte e critico Gianluca Tedaldi

2007
La novità di un artista si afferma nel riscontro con la situazione contemporanea, coinvolge il linguaggio  corrente e lo forza, in qualche modo, a rigenerarsi.
L’ambito della produzione della pittrice romana è abbastanza ben delimitabile: le interessa la Natura; gli insegnamenti di Enzo Brunori l’hanno indirizzata verso una concezione dell’immagine che sta sul crinale tra figurativo ed astratto. Le sue raffigurazioni di scorci paesaggistici, scorci di mare e profondità marine, sono tratte da immagini oggettive, fotografie che vengono poi sottoposte ad una particolare elaborazione che tende ad eliminare tutto ciò che risulti troppo descrittivo. Questo processo di astrazione si realizza nel taglio compositivo   (spesso dato dalla scelta di un particolare che occupa l’intero spazio pittorico) e nella tecnica.
 Già durante la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti, la didattica di Enzo Brunori prevedeva un attento studio dei colori locali, concentrandosi su oggetti naturali dei quali veniva messa a fuoco una piccola parte con la ricerca sulla tavolozza di tutta l’inattesa gamma di tinte che erano possibile individuare.
Un altro accorgimento del Maestro era quello di chiedere ai suoi allievi di osservare la superficie di una fotografia con una mascherina che ne coprisse gran parte, lasciandone visibile solo un riquadro; muovendo questa finestra sulla figura si doveva infine raggiungere la consapevolezza dell’autonoma bellezza dei particolari.
Michela Lenzi ama trattare pigmento con la spatola, introducendo nella figurazione quell’aspetto libero e materico che contribuisce ad allontanare l’impressione di una predominanza dell’immagine sulla forma dipinta. Questa scelta porta con sé l’impegno a trattare la superficie della tela con grande tensione espressiva perchè il colore assume un’autonomia quasi completa  e ciò che alla fine si propone allo spettatore è un vivace confronto di note cromatiche alle quali l’artista deve saper dare, in ogni momento la massima freschezza di timbro e di gesto: debbono ‘reggersi’ da sole, senza l’aiuto di un’immagine, una storia, qualcosa che distragga il fruitore dal concentrarsi sui rapporti di valore all’interno del quadro.
Rispetto all’originale immagine fotografica, ciò che Michela Lenzi ricava e trasforma in pittura è completamente diverso, tutto si semplifica e si carica di dinamismo: la similitudine con la musica aiuta ad intravedere questa svolta nella quale la figura si compone di note colorate che possono disporsi in scala o a contrasto e che saturano le possibilità espressive della tela. In genere, da una fotografia l’autrice ricava un acquarello di piccole dimensioni nel quale è già contenuto il principio ispiratore della figurazione, potremmo dire la sua idea fondamentale.
La trasposizione su tela comporta una elaborazione più complessa perché è mantenere la freschezza delle prime pennellate (e la loro libertà) quando si passa ad un altro formato (molto più grande, in genere) ed anche ad un altro tipo di pigmento. Questa seconda fase è di studio accurato, comporta prove di colore e di resa tonale fino alla scelta di una soluzione soddisfacente. L’immagine, come detto, è tenuta a freno ma c’è: i boschi di betulle sono riconoscibili agevolmente così come lo sono le onde marine, le chiome dei pioppi. Il colore varia e raggiunge timbri molto alti ma conserva il valore che possiede nel modello naturale, quello di trasmettere il sentimento della vita in atto e dell’inesausta varietà delle sue manifestazioni; i verdi dominano perché la scelta preferenziale di Michela Lenzi è verso il mondo vegetale ma subito dopo abbondano i rossi e il giallo-luce. Non c’è posto per le tinte intermedie, le terre, i grigi: tutto è molto intenso, come se dalla purezza del colore dipendesse anche la verità dell’immagine.
Bisogna anche considerare il rapporto che la pittrice instaura con la materia del quadro, sia la superficie della tela, sia la consistenza dei pigmenti. Il momento di passaggio alla tela grande (e quindi il tentativo di resa della qualità dell’acquarello in un contesto diverso) comporta, come detto, diverse prove. Fra questa c’è anche la scelta dei leganti e del tipo di pigmenti, eventualmente anche la decisione di usare una tecnica mista secondo le fasi del lavoro.
Michela Lenzi ha per la sperimentazione dei materiali una curiosità acuita dell’esperienza del restauro ed ama accostare colori di natura diversa: pastelli su base acrilica od oleosa, successivi strati di materia sintetica ed organica, leganti tratti dalla prassi del restauro; anche gli eventuali inconvenienti che si potessero presentare a seguito di queste commistioni (piccole screpolature o mutamenti di tono dell’essiccazione) vengono considerati anticipatamente dell’autrice come parte integrante del processo creativo e, come tali, accettati.
E’ evidente che questo rapporto con la materia diventa anche mezzo espressivo alla stregua dell’accostamento delle tinte; in questo modo l’artista mostra sensibilità verso un fenomeno molto significativo della cultura moderna, l’informale, associandolo però ad un procedimento figurativo e tutto sommato non ribelle alla tradizione.
Lo si potrebbe chiamare un recupero, come quello dell’astrattismo, entro i confini di una pittura che resta leggibile e fruibile anche senza il supporto di un complesso apparato critico (come invece è spesso indispensabile per le opere d’avanguardia).
Per concludere, qualche osservazione anche in merito a ciò che l’artista non mostra, vale a dire le immagini di figura. Il momento attuale è tutto indirizzato alla ricerca di soggetti naturalistici, ma Michela Lenzi ha una lunga pratica del disegno della figura che ha abbondantemente frequentato nel periodo precedente l’iscrizione all’Accademia e che tuttora insegna.
Un altro aspetto che merita di essere testimoniato è, inoltre, la competenza che la pittrice possiede della grafica elettronica finalizzata alla messa in rete, il ‘web design’.
La recente specializzazione che ha ottenuto in questo campo, le consente di mantenere un contatto aggiornato con l’evoluzione del mezzo artistico, anche se la sua scelta di privilegiare gli strumenti tradizionali dimostra come resti ancora praticabile la possibilità di seguire un percorso legato alle metodologie storiche dell’arte pittorica.

Testo dello storico dell'arte e critico Gianluca Tedaldi

2023
Le pitture recenti di Michela Lenzi possono anche dichiararsi sculture o, meglio, rilievi. Un territorio intermedio fra il fare pittura e la formatura che l’artista ha elaborato anche sperimentando paste capaci di reggere la flessibilità della tela. La storia di Michela Lenzi parte dalla sua esperienza all’accademia di Belle Arti con Enzo Brunori; quindi, oltre un sostanzioso esercizio sulla figura, l’artista si è aperta alla pittura di puro colore spirata dalla natura stessa: non geometrica ma mutevole, di respiro ampio anche grazie alle superfici generose che le sono congeniali. Ora, dal 2019, un cambiamento sostanziale. Possiamo anche metterlo in relazione a quell’esperienza di distacco dalla consueta socialità che fu il periodo della quarantena sanitaria ma questo, forse, è solo in fondale di un più profondo lavoro sulla propria identità creatrice che ha generato la scelta del versante plastico, della forma a rilievo, del quasi-monocromo. In fondo, riuscire ad esprimere quelle che potremmo chiamare le “due facce” della medaglia del proprio spazio interiore è un’opportunità che non molti artisti riescono cogliere perché a volte è invincibile il desiderio di seguire il solco già tracciato. Michela Lenzi, invece, con paste alte e toni a-cromatici esplora l’altro versante della Natura che pur sempre le è di guida e di compagnia: è la concretezza del vivere che si fa strada dopo gli slanci del sentimento (come i quadri lirici dei suoi esordi). Sono stagioni della vita, si entra in contatto con una dimensione più fondamentale più quotidiana, meno “cantabile” ma vicina e concreta forse anche più matura. A volte, i suoi volti orientati verso chi guarda sembrano “bucare” la superficie (come, in effetti, fanno) e partecipare al vissuto di chi guarda. La parsimoniosa cromia obbliga a rinunciare – da parte di chi osserva – alla pretesa della illusione totale, della realtà virtuale che oggi la tecnologia offre a piene mani. Bisogna fare quello sforzo di “indossare” la situazione rappresentata (che può essere anche un volto) innestandolo nella propria memoria, nel vissuto che ci appartiene. In questo, le pitture a rilevo di Michela Lenzi sono ancora nel solco della tradizione artistica che interroga e comunica con il pubblico (mentre ora la tendenza è quella di illudere e assecondare). Di un artista è anche importante il percorso perché, come una traccia che si fa sentiero, può offrire ale nuove generazioni la fiducia verso un cammino che è faticoso ma non sterile e che, in effetti, riempie la vita.